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lunedì Pagina6 ottobre 2014 2 Io penso spesso a come all’estero vedono noi italiani. Ci vedono come gente strana, incomprensibile. Avessero loro tante bel- lezze naturali, tanti beni storici ed archeo- logici, farebbero un business megagalatti- co; in particolare mi riferisco agli america- ni, ma anche ai tedeschi ed ai giapponesi. Tutti amano il nostro Belpaese, la sua cuci- na, il suo clima. Ma restano sempre per- plessi di fronte a come facciamo le cose, a come siamo disorganizzati o masochisti (si pensi all’ultimo ventennio, per dire, e da chi ci siamo fatti rappresentare, inconcepi- bile per un Paese appena appena normale). Parlando di cose un po’ più veniali, di pal- lone, che è invece un’industria importante, l’Italia ieri aveva la possibilità agli occhi del mondo di mostrare un grande spot pubblicitario con la megasfida di vertice tra Juventus e Roma, la meglio espressio- ne di un movimento nobile e decaduto ai livelli più bassi della nostra storia (due eli- minazioni consecutive così cocenti non l’avevamo mai patite dopo gli anni ’60), e siamo stati capaci di rovinare tutto. La colpa innanzitutto è dei vertici arbitrali, quindi federali. Tutti i partecipanti al mondo del calcio si chiederanno: ma come, l’Italia ha tra le sue fila l’arbitro che ha diretto la finale mondiale e non arbitra la sfida-scudetto? Ma dove mai si è vista una roba del genere? Ora lasciamo stare se Rizzoli agli occhi della federazione mon- diale è sopravvalutato o meno, se sia effet- tivamente un grande arbitro, ma la partita di diritto era sua. Invece il superarbitro viene spedito a dirigere la fondamentale Empoli-Palermo che nel mondo non sanno neanche che si sia giocata, mentre a Torino mandano Rocchi in odore (maleo- dorante ed eterno) di moggismo, uno che ha scansato Calciopoli per il rotto della cuffia, uno che i vertici arbitrali nelle loro classifiche di rendimento continuano a ritenere tra i migliori ma che è totalmente inaffidabile per mancanza di personalità e metro di giudizio. Uno che ho sempre con- siderato un disastro. Ieri si è assistito ad una baruffa continua, a qualcosa che con lo sport non ha nulla a che vedere. Ben 3 gol su 3 assegnati alla Juve erano irregola- ri, l’argutissimo Garcia – dopo la linea mobile della porta inventata per Muntari – ha detto che l’area di rigore a Torino è di 17 metri, visto che è stata estesa quel tanto che basta da considerare da rigore i falli di Maicon e Pianic. Il fuorigioco attivo di Vidal diventa passivo, grazie anche ai giannizzeri televisivi in servizio perma- nente effettivo che si sono arrampicati sugli specchi per difendere la prodezza balistica di Bonucci, straordinaria ma irre- golare perché Vidal era davanti al portiere. Insomma, nel dubbio… pro Juve, come giustamente rimarca (da anni) Totti: è una regola sempre valida. E lo strabismo di Marotta da condannare non è quello fisico, ma quello dei giudizi, perché richiamare l’episodio di Pepe di 4 anni fa è un auto- gol, visto che Pepe in area c’era davvero! Insomma, manda Rocchi e poi muori. Questo l’unico spot venuto fuori dal mondo del calcio italiano, che si è confer- mato isterico. Da oggi ci sentiamo tutti un po’ più derubati del solito, non solo i roma- nisti. La Roma, per me, a regole condivise ed equamente applicate, avrebbe vinto ieri. Perché gioca meglio. Chi invece è tornato a vincere (la terza di fila) ma non gioca meglio è il Napoli. Incomprensibili i primi 25 minuti di attesa di un Torino più stanco del Napoli causa coppa. SI può criticare una squadra che produce 9 palle gol puli- te, coglie due legni, una di queste palle gol è addirittura una tripla occasione (ahi Pipita, ahi Lorenzino)? Sì, si può, se anco- ra una volta la sensazione di fragilità della difesa è imbarazzante, il portiere continua ad andare a farfalle, Benitez si ostina – quando manca Hamsik – a schierarsi con il 4-2-4 che non si può proprio fare, rega- lando un uomo all’avversario, ieri Pandev il bradipo, oggi Michu il palo della luce, per quanto corre (praticamente come me, cioè niente). Intendiamoci, l’attaccante spagnolo deve avere pure una buona tecni- ca, ieri ha fatto intravedere qualcosa, una palla recuperata che ha avviato la prima occasione clamorosa di Lorenzino, un bel- l’uno-due con lo stesso Insigne ed una tra- versa timbrata di testa, la sua specialità (più errore che sfortuna, però). Ma corre come me, cioè niente. Ed il calcio di oggi non è quello degli anni ‘60, oggi o si corre o non si va da nessuna parte. Se Brera cri- ticava pure Gianni Rivera definendolo Abatino, vuoi vedere che non possiamo criticare un carneade come Michu? focus Lo spot è faLLito,
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