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“La speranza è l’ultima a morire”. Probabilmente questa è la prima cosa che viene in mente pensando alla parola speranza e probabilmente viene associata a un qualcosa di positivo: dire che, effettivamente, moriamo prima noi, poi la speranza, ci fa pensare a un sentimento potentissimo e incorruttibile che ci spinge a stringere i denti e ci sprona a rialzarci quando cadiamo. C’è chi la vede come un faro nella notte a cui fare afdamento senza effettivamente vedere dove conduca. Ed è proprio questo rantolare nel buio senza sapere dove mettere i piedi che mi spaventa. La speranza ti viene presentata da bambino come una bella signora sorridente e con uno sguardo materno che può solo infondere ducia alla quale avresti potuto afdare i tuoi sogni e desideri. Io crescendo ho imparato a prenderne le distanze. Hai 7 anni, tutti i tuoi amici hanno una bicicletta bellissima e vanno in giro per la strada vantandosi di quel pezzo di ferro; si avvicina il periodo di natale e questa volta la speranza non è una donna ma un vecchio un po’ in carne con vestiti rossi e barba bianca. Prendi un pezzo di carta e inizi a buttarci sopra tutte le tue speranze ma la sera del 25, sotto l’albero, trovi solo un pigiama. Hai 13 anni, stai in terza media e di sicuro sei l’unico ragazzo della tua scuola a non aver mai toccato una ragazza; camminando per i corridoi, durante la ricreazione incroci lo sguardo di una compagna mai vista prima e qualcosa ti si accende dentro. Questa volta la speranza è un amico che ti riempie la testa di parole e nisce che sei così tanto stordito da quello che ti ha detto che il giorno dopo ti ritrovi proprio davanti lei, la tua faccia confusa fa da cornice a un sorriso da perfetto idiota, le chiedi di uscire insieme ma lei si mette a ridere e se ne va. Hai 20 anni, probabilmente hai nito la scuola e sicuramente hai bisogno di un lavoro per nanziare tutti i progetti della tua vita. La speranza è un signore con gli occhi grandi che ti fa sgobbare tutto il giorno per fartene andare via solo quando è sera con qualche spiccio in tasca. Hai 50 anni, lavori da 30, tieni il conto dei giorni che ti mancano alla pensione e questa volta la tua speranza è lo Stato; ma lui si prende gioco di te, e ogni volta che sei vicino al traguardo lo sposta avanti di un chilometro. Hai 70 anni, stai seduto in poltrona a guardare la TV, sai che la tua vita è sempre stata una routine ma adesso la senti pesare ancora di più. Questa volta la speranza sono i tuoi gli: la tua vita per loro, per farli crescere e vivere al meglio che puoi. Hai piantato dei semi e adesso stanno per dare i loro frutti; ma un giorno, seduto su quella poltrona, il tempo di un sospiro e prima di averli visti ti ritrovi a dover rendere l’anima a Dio. Speranza è quello che scriveranno sulla tua lapide ma probabilmente un giorno arriverà un cane e ci piscerà sopra. Anno dopo anno ti sei portato dietro l’illusione della speranza, hai vissuto sopra di essa ma non ti sei mai reso conto che proprio questa speranza non era che un semplice premio di consolazione. Crescendo è cresciuta insieme a te, ogni volta che le tue aspettative aumentavano lei prendeva sempre più le distanze; è sempre stata la e avevi la certezza che fosse un’ancora di salvezza a cui aggrapparsi quando sbattevi la faccia contro le delusioni della vita. Per anni ti ha ipnotizzato e ha distorto la realtà delle cose: qualche volta ti ha salvato ma spesso ha alimentato quel senso di insoddisfazione che ci fa svegliare con l’amaro in bocca. Dicono che la speranza sia l’ultima a morire ma a volte mi chiedo se non sia proprio lei, come un virus, a consumarci da dentro ed abbandonarci solo una volta morti. Davide Racanicchi La Speranza Sempre più spesso si sente parlare di bullismo, un problema che negli anni non è mai stato allontanato, che ha caratterizzato la triste società in cui viviamo. Non è raro che accada all’interno delle mura scolastiche, anzi la scuola sembra il luogo dove più frequentemente si vericano azioni di bullismo. Chi compie questo genere di reato e soprattutto contro chi viene compiuto? Secondo una recente ricerca dell’Eurispes, a scatenare i bulli, nell’età infantile, è la diversità razziale e la disabilità; nelle scuole medie e nei licei a questi motivi si aggiunge l’omofobia. Sempre secondo la ricerca citata, il fenomeno è in crescita soprattutto tra le femmine (un bullo su sei è donna) e si sta diffondendo in modo preoccupante. Il bullo che non viene subito fermato e seguito, da adulto spesso entra nei circuiti della criminalità. Il bullismo è solo una delle forme del disagio giovanile: per dimostrare il proprio coraggio e la propria forza i giovani si sottopongono a prove che mettono a rischio la loro vita; sempre più diffuso è il fenomeno delle baby gangs che agiscono con intimidazioni, furti e raramente sono le necessità economiche a spingerli. Sono in genere ragazzi senza regole, di famiglie “per bene”, troppo permissive, gli di una società di adulti-bambini, più amici che autorevoli punti di riferimento, occupati a dare “cose” più che attenzione. E’ da queste famiglie che escono bambini-adulti, leaders col mito della forza, vittime di un mondo che non si accorge di loro no a quando non diventano protagonisti delle cronache. Giulia Manduca Bullismo: in aumento i «cattivi ragazzi»
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