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La cosa buffa è che ancora, quando penso a lei, mi sento cosparso da nuvole azzurre, da litri di vernice azzurra. Anche con i suoi stupendi occhi nocciola e i suoi lisci capelli castani, lei per me era una fatina azzurra venuta per risvegliarmi il cuore. ! ! ! ! LA MIA RADIOGRAFIA EMOZIONALE ! ! ! Mi chiamo Michele, ho 30 anni. Ho studiato finché ho potuto perché non ho mai avuto voglia di fare molto nella vita. Studiare era un bell’alibi per ritardare il militare e il lavoro. Con le donne sono sempre stato timido e impacciato. Il classico ragazzo amicone di tutte, ma fidanzato con nessuna. Lavoro in banca, sono un pantofolaio perché sono pigro. Detesto i teledipendenti, quelli che tengono la tv sempre accesa “perché fa compagnia”. Le poche volte che l’ho fatto mi sono sentito solo e misero nel cercare un rapporto con un elettrodomestico. Nella vita ho sempre avuto un sogno o meglio un desiderio. Viaggiare. Scoprire nuovi posti, fotografare con l’anima scenari impensabili, incontrare persone mai viste. Dopo che incontrai Aurora non pensai più a tutti i posti che non avevo ancora visto, non immaginavo più i tour che potevo fare, le avventure dell’universo avevano perso sapore. Il mondo era venuto da me, conoscere Aurora era esattamente fare un viaggio intorno al mondo. ! ! AMICI VERI O FALSI INNAMORATI ? ! Non saprei dire cosa fossimo. Ad Aurora non piacevano i rapporti schematizzati: due amici o due fidanzati o due conoscenti o due parenti. Lei adorava stare in quel sublime stato confusionale in cui si è felici di non sapere cosa si è. Era cresciuta col motto “Il matrimonio è la tomba dell’amore”; era convinta che nel momento in cui un rapporto fosse “eternamente” consacrato sarebbe immediatamente morto. Le piaceva il gusto dell’avventura, della conquista. Stare insieme per gioco amandosi immensamente. Questo era importante. Io ero l’esatto contrario, aspettavo e sognavo di dire a tutti “ecco lei è Aurora la mia ragazza”. Sapevo che mi sarebbe sfuggita se avessi cercato di legarla a me. Ma non commisi questo errore. L’amavo così come era: libera da tutti e intrappolata nel suo magico mondo. Passeggiavamo nel parco ridendo di tutto. In effetti non ci ponevamo il problema di cosa avessimo in comune o di cosa potevamo parlare. Osservare il mondo con i “suoi” occhi, imparare a ridere anche del nulla. Questo facevamo. Mescolavamo la nostra essenza. Semplicemente. Presto lei si accorse del mio amore. Era talmente evidente visto che accanto a lei io brillavo e mi accendevo come una stella. Così con un suo tenero bacio mi prese e mi portò nel suo universo fatato. Un giorno, una settimana, un mese, sei mesi. Il tempo passava e il nostro amore aumentava. Avevo capito il suo cuore e lei aveva capito quanto fosse importante per me poterla amare. ! ! 2
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