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martedì Pagina30 settembre 2014 2 Carissimo don Rafele, stia tranquillo, a Napoli nessuno crede che Lei sia un incapace. Ho letto del suo sfogo, ha ragione: sono state dette cose allucinanti sul suo conto. Ma non deve offendersi. Siamo a Napoli, e noi napoletani siamo fatti in un certo modo. Non è neanche colpa nostra. Abbiamo nel dna il fatto di dover avere un padrone. La storia ci ha imposto prima i romani, poi i francesi, gli spagnoli, i piemontesi: non siamo mai stati veramente liberi. Ma non ci siamo mai ribellati, sempre adat- tati. Anzi, se qualcuno in passato ha mostrato un minimo di orgoglio, noi per primi gli abbiamo tagliato la testa, si informi sulla vicenda di Masaniello. A Napoli non abbiamo mai fatto una rivoluzione seria, anche le "4 giornate" sono arrivare solo dopo lo sbarco degli americani nel Sud Italia… Anche in democra- zia amiamo dittatori: i sin- daci di Napoli più amati sono stati Achille Lauro e Antonio Bassolino, tanto per capirci. Abbiamo votato De Magistris nell'illusione, poi delusa, che fosse anche lui di questa pasta. Mi dirà: cosa c'entra tutto questo con le critiche di questi giorni? Vede, la classe giornali- stica nel suo insieme è un po' come i cortigiani dei secoli scorsi. Ama vivere all'ombra del potente di turno, ed ovviamente per fare ciò deve ingraziarselo. L'Eneide, di cui un uomo di cultura come lei avrà senti- to parlare, anche se in Spagna probabilmente non si studia, è un vero capola- voro, forse l'opera più importante della Letteratura Latina, ma fu scritta per dare ad Augusto origini addirittura divine. Virgilio, che ad onor del vero era mantovano e non napoletano, anche se a Napoli ha trovato la sua ultima dimora, si inventò di sana pianta una simile cre- tinata per far piacere al potente di turno… Ma sto divagando. Vengo al suo problema. Il popolo napoletano è giustamente incazzato per la squadra: è decisamente più scarsa di quella dello scorso anno. Se si scrivesse un fatto del genere tutti sarebbero furi- bondi col presidente, e non sta bene. Ma se si inizia ad insinua- re il dubbio che è l'allenato- re ad essere un incapace, perché nonostante la squa- dra sia forte lui sbaglia tutto, la colpa non sarà del presidente, un sant'uomo che vive con il solo scopo di fare la felicità ai tifosi azzurri. Don Rafele, non si agiti. Esattamente come nessun romano pensava davvero che Ottaviano Augusto avesse origini divine, a Napoli nessuno crede che Lei sia un incapace. Lo sanno tutti chi è il responsa- bile di questa situazione. I primi a non crederci, al pari del capostipite Virgilio, sono i cortigiani con tesse- rino di giornalista che lo scrivono. Da queste punto di vista deve stare tranquil- lo: la sua competenza è pari agli occhi dei tifosi all'avarizia del presidente. Un consiglio però: stia attento. Anche il suo esti- matore più convinto vacilla quando si ritrova Britos in campo quasi tutte le volte. Un po' di attenzione, eviti di dare argomenti congrui ai cortigiani del presidente: alla fine qualche credulone che abbocca si può anche trovare… diario di bordo lettera aperta a don rafele di superbino
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